É una lettera a un ragazzo di domani, il nuovo libro di Francesco d’Assisi Cormino Conoscenza. Tra il lampo dell’intuizione e il calore dell’emozione (Edizioni Conoscenza), da poco nelle maggiori librerie on line. Una bella novità, in un tempo di utopie capovolte, di strappi e cuciture impossibili. Senza lasciarsi condizionare dai presagi sinistri che aleggiano su di noi e senza cadere nella trappola dei facili rimedi (troppi medici al capezzale del mondo!), l’autore svolge una serrata indagine sul mistero della creatività, sull’intelligenza del nostro avvenire
Con il suo singolare stile di scrittura, intriso di spiritualità naturalistica, Cormino svolge alcuni esercizi di perplessità sul nostro tempo. Perché, si chiede, oggi che siamo capaci di salti acrobatici nel futuro, di piegare la natura alla nostra volontà, avvertiamo questo senso di precarietà senza direzione? Perché ci sentiamo così lontani dalla vita, così brutalmente sprofondati nelle cose, ostaggi di un’infelicità senza desideri? Perché siamo diventati spettatori passivi di una realtà sempre più mediocre, più cinica, più indifferente? Cos’è questa nostalgia di un tempo in cui le cose erano più semplici?
L’autore non risponde. Le belle risposte, le eleganti spiegazioni, sembra dirci, sono pure illusioni. Eppure, ci mette sulla strada. Tra le cause del crescente malessere, in un tempo di crescente benessere, egli vede un’inaudita perdita di rapporto dell’uomo con il mistero, con l’armonia della natura. Non rimedieremo ai mali di questo mondo – che non abbiamo ereditato dai nostri padri, ma avuto in prestito dai nostri figli – se non rimetteremo a fuoco la vita attraverso una nuova ‘educazione’; che non è solo sapere come stanno le cose, acquisire conoscenze, da trasmettere poi alle generazioni successive, ma soprattutto orizzonte di senso. Le pratiche educative correnti saranno solo un leggero velo sull’ignoto, se non sapremo rispondere alle sfide affascinanti del nostro tempo.
Dunque, se l’istruzione è quel che rimane dopo aver dimenticato le cose imparate a scuola, allora più di ogni cosa conta addestrare la mente, coltivare le capacità creative. Non deve essere la scuola ad insegnare direttamente competenze e abilità da impiegare nella vita. Troppo imprevedibili, le sue circostanze. La scuola dovrebbe contribuire alla crescita di personalità armoniose, non di specialisti. Per sviluppare un pensiero e un giudizio indipendenti. Sì, perché una volta imparati i fondamenti di una materia, e soprattutto a pensare e lavorare in modo autonomo, ci si adatterà a qualsiasi contesto. Nella scuola, come nella vita, motivazione cruciale è il piacere del lavoro (che è fascinazione e sgomento, fatica e gioia); e, naturalmente, consapevolezza del suo valore per la comunità. Risvegliare e consolidare nei ragazzi queste motivazioni significa alimentare desideri di conoscenza più elevati. Sollecitandoli a non aver paura di sbagliare: perché la paura fa fallire. E ricordandogli, infine, che nessuna meta pone fine al cercare, perché unica meta è la ricerca stessa.

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